Tra le molteplici inefficienze della Pubblica Amministrazione, quelle legate al sistema tributario colpiscono le aziende in maniera indistinta. In particolare, tutte le risorse che l’impresa utilizza per il pagamento delle tasse vengono sottratte alla produttività e alla capacità di investimento. Questo rappresenta un punto critico soprattutto per le startup. Il loro futuro è determinato, infatti, in gran parte dalla capacità di sostenere a livello finanziario l’ingresso nel mercato e le prime fasi di crescita, operando talvolta anche in perdita.
IL PANORAMA DELLE STARTUP ITALIANE
Le voci dei giovani nella rubrica “Call Me Startup – Storie di giovani imprenditori ai tempi del Covid-19“, hanno evidenziato il panorama delle startup nel nostro paese.
In seguito al lockdown imposto dalle autorità a partire da marzo 2020, con le persone autorizzate ad uscire solo per le necessità primarie, il mondo online è diventato il punto di accesso obbligatorio per l’utilizzo di un gran numero di servizi. Questo ha portato molte aziende a reinventarsi, talvolta attivando da zero una proposta digitale. Punto a favore delle startup. La maggior parte di loro, infatti, nasce nel digital e col digital, e anche quelle più “fisiche” non hanno esitato a sviluppare un business online per rispondere alle nuove esigenze determinate dal Covid-19.
Le startup dimostrano, per loro natura, dinamicità e rapidità di risposta ai cambiamenti. Caratteristiche che hanno consentito un rapido adattamento all’ondata digitale di questi mesi. Ciò ha inoltre permesso a molte di loro di affrontare la crisi in maniera più efficace delle corporate. A differenza di quest’ultime, infatti, non sono appesantite dalle procedure burocratiche, dalla lentezza dei processi. D’altronde, rifacendoci al principio fondante della teoria della selezione naturale di Charles Darwin: “Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”.
Oltre al vantaggio organizzativo, ciò che fa realmente la differenza per una startup è il purpose, cioè, la motivazione dei founder e degli stessi dipendenti, che spesso è molto ambiziosa.
Da quanto detto finora digitalizzazione, l’agilità e la capacità di adattamento sono alla base del DNA delle startup. E’ dunque naturale che le diverse inefficienze burocratiche della macchina statale siano viste come gravi ostacoli all’avvio e alla gestione di una nuova impresa.
IL PROBLEMA
Parlando di tassazione, l’Italia è spesso indicata come uno dei paesi più svantaggiosi in cui fare impresa. Questo sia per l’alto carico fiscale, sia per la complessità del nostro sistema tributario.
Ma il problema dell’Italia non sta tanto nelle aliquote applicate al reddito d’impresa e nel cosiddetto cuneo fiscale. Secondo lo studio “Doing Business” della Banca Mondiale il sistema fiscale italiano, è caratterizzato da norme poco chiare e difficilmente interpretabili. Inoltre, cambiamenti normativo-tributari troppo frequenti e la burocrazia contribuiscono a rendere complicato, lungo e dispendioso il processo di pagamento delle tasse. Se questo processo complicato può essere sostenuto senza troppe difficoltà dalle aziende consolidate, per le giovani imprese rappresenta un problema.
SERVE UNA RIVOLUZIONE CULTURALE
Il rapporto tra Stato e imprese è un problema che sta diventando sempre più generazionale. Se le giovani imprese hanno ormai fatto propri i principi di innovazione, flessibilità e agilità, lo Stato non riesce a rispondere in modo efficace alle esigenze delle nuove generazioni di imprenditori che stanno crescendo sul territorio nazionale. Per rivoluzionare un sistema complesso come quello italiano è necessario identificare in modo chiaro gli aspetti metodologici sui quali ricostruirne le basi.
Parlando di snellimento delle PA, si fa subito riferimento ai tentativi dello Stato di digitalizzare l’apparato burocratico. La causa primaria di questo fallimento metodologico sta nella mancanza della cultura dell’innovazione nei processi decisionali. Inoltre, l’instabilità della governance dell’informatizzazione, le limitate azioni di coordinamento, la frammentazione degli interventi e la scarsa interoperabilità hanno portato, negli ultimi anni, unicamente ad una digitalizzazione della burocrazia senza superarne davvero i limiti.
Arrivati a questo punto diventa, quindi, necessaria una vera e propria rivoluzione culturale, per supportare al meglio la crescita delle giovani imprese. La velocità e precisione devono diventare i principi cardine di funzionamento delle PA.
Sfruttare solo gli investimenti strutturali per avviare la trasformazione digitale, però, è piuttosto utopistico. Ciò che serve veramente è la valorizzazione del capitale umano. Negli ultimi anni, infatti, i piani formativi delle Pubblica Amministrazione sono stati nulli e per niente prioritari nelle agende delle pubbliche amministrazioni.
È necessario, dunque, che il “pensiero digitale” entri in tutti i livelli della pubblica amministrazione. Per far ciò si deve investire, da un lato nella formazione operativa dei funzionari già inseriti nel mondo del lavoro, dall’altro riformulando la scala delle priorità nella valutazione delle competenze dei funzionari del futuro.